La Corte conferma il reato di epidemia colposa omissiva. I legali dei familiari delle vittime fanno il punto sulla sentenza
Conferma della configurabilità del reato di epidemia colposa omissiva
“Con tale pronuncia, la Corte ha definitivamente confermato che il reato di epidemia colposa in forma omissiva è configurabile, mettendo quindi un punto alle precedenti due pronunce (2017 e 2021) che si fondavano solo sul significato letterale del reato di epidemia colposa inserito nel codice penale italiano del 1929, che prevedeva cioè la punibilità solo nel caso in cui un soggetto avesse materialmente “sparso” il virus – aggiungono i legali che assistono molte famiglie di Bergamo e provincia -. Tra le omissioni ritenute rilevanti dalla Corte figurano: la mancata distribuzione dei dispositivi di protezione individuale (DPI), l’assenza di formazione del personale sanitario per affrontare emergenze e la mancanza di una corretta informazione del rischio alla popolazione. Si tratta degli stessi elementi che hanno costituito il nucleo della maxi indagine della Procura di Bergamo, che ha coinvolto 21 persone tra politici e tecnici, e che ancora oggi prosegue a Roma grazie all’opposizione presentata dagli avvocati dei familiari delle vittime, con l’imputazione coatta di alcuni alti dirigenti del Ministero della Salute dell’epoca, tra cui Ranieri Guerra e Giuseppe Ruocco”.
Impatto della sentenza
Nelle motivazioni della sentenza si legge che “ritenere che il reato di epidemia sia solo commissivo e non anche omissivo è anacronistico dal momento che “quando venne introdotta nel codice la nuova fattispecie, il fenomeno veniva prospettato come essenzialmente doloso, perché legato in particolare agli esiti della prima guerra mondiale legata all’uso in essa fatto delle armi batteriologiche (ovvero della dispersione di virus nocivi prodotti in laboratorio) mentre nell’attuale, complesso, contesto socio-scientifico-tecnologico i risvolti dell’epidemia evocano sempre più i profili di gestione del rischio sanitario e si relazionano a condotte quasi esclusivamente inosservanti e perlopiù colpose”. La Cassazione ha depositato le motivazioni alla sentenza del 10 aprile scorso che aveva annullato con rinvio l’assoluzione pronunciata dal tribunale di Sassari nei confronti di un dirigente sanitario accusato di epidemia colposa per non avere adottato misure adeguate a evitare il diffondersi di un focolaio di Covid. Un ragionamento analogo a quello dei giudici sardi è stato fatto per le numerose indagini avviate nel periodo della pandemia, perché la giurisprudenza era sempre stata netta nell’escludere il reato in forma commissiva. Tutte, in sostanza, finite con archiviazioni, compresa l’indagine della Procura di Bergamo, epicentro del contagio. Questa decisione della Cassazione potrebbe ribaltare gli scenari futuri. I magistrati della Suprema Corte sostengono che “escludere l’applicabilità della previsione di reato in presenza di condotte omissive finirebbe per contraddire la capacità della norma di assolvere alla funzione di tutela del bene della salute pubblica, rientrante nell’articolo 32 della costituzione, in coerenza con la stessa collocazione sistematica assegnatale dal codice”. E ancora: in una visuale essenzialmente volontaria fondata sulla diretta e intenzionale dispersione del virus causata dal soggetto agente, il reato colposo si ridurrebbe alla figura residuale, e tra l’altro anacronistica, di chi,
‘in possesso dei germi’, se li lasci colposamente sfuggire e, pertanto, proprio la lettura qui ripudiata finirebbe per relegare la norma a casi di “scuola”, statisticamente ridottissimi”.
Gli ‘ermellini’ avvertono però che ci sono dei parametri stringenti per il reato di epidemia nella veste omissiva: Resta ovviamente fermo che, per aversi reato nella forma omissiva, dovrà pur sempre sussistere la sussistenza, in capo al soggetto agente, dell’obbligo giuridico di attivarsi, discendente dalle fonti di responsabilità che la giurisprudenza di questa Corte ha, nel tempo, individuato; in secondo luogo, con specifico riguardo al reato di epidemia, da tenere sempre necessariamente distinto dai reati che si limitino a ledere la salute individuale, sarà necessaria la valutazione, da compiere in presenza di una legge scientifica di copertura e secondo i principi della causalità generale, circa l’omesso impedimento della diffusione del germe a determinare o a concorrere nella determinazione del fenomeno rapido, massivo ed incontrollabile, lesivo del bene collettivo della salute”.
La sentenza, prosegue Locati, “conferma la ragionevolezza e la fondatezza dell’azione giudiziaria intrapresa fin dal 2020. È un precedente che riscrive la narrazione giuridica di quanto accaduto in Italia durante la pandemia e rafforza anche la nostra azione in sede civile presso il Tribunale di Roma. Questa pronuncia ha un valore importante anche per il giudizio pendente avanti la Corte Europea dei Diritti dell’uomo in una fase cui giungono, lo sottolineiamo, solo il 5% dei ricorsi presentati”.
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