On. Giovanni Maiorano (FDI) ricorda Rocco Chinnici: “Padre dell’antimafia, il suo coraggio e la sua visione guidano la nostra lotta”

di Redazione

ROMA, 29 luglio 2025 – Oggi, a 42 anni dalla barbara uccisione, ricordiamo il giudice Rocco Chinnici, padre dell’antimafia. Il suo sacrificio, avvenuto il 29 luglio 1983, ha segnato una svolta nella lotta dello Stato contro la criminalità organizzata.

L’Onorevole Giovanni Maiorano (Fratelli d’Italia), membro della Commissione Parlamentare Antimafia, ha voluto rendere omaggio alla sua memoria.

Quarantadue anni fa – dichiara l’On. Maiorano – la mafia tentò di spegnere una luce di legalità, ma il sacrificio di Chinnici è diventato un faro che illumina ancora il nostro cammino. Le sue parole, ‘Io non ho paura della morte’, sono un testamento di coraggio.”

Chinnici, nel 1979, ideò e diede vita al famoso “pool antimafia” a Palermo, un modello investigativo rivoluzionario. Grazie alla sua visione, giovani giudici come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino entrarono a far parte di quella squadra, rendendo l’Ufficio Istruzione un “centro pilota della lotta antimafia“. Fu anche un convinto sostenitore dell’importanza dell’educazione e della cultura per contrastare la mafia tra i giovani.

La sua opera culminò nell’istruzione del primo grande processo a Cosa Nostra, il cosiddetto “maxiprocesso di Palermo“, un’indagine che gli costò la vita.

“Il 29 luglio 1983, la mafia fece esplodere un’autobomba sotto casa sua, uccidendo Rocco Chinnici e la sua scorta. Un atto vile che non fermò, ma rafforzò la determinazione dello Stato. Rocco Chinnici – conclude l’On. Maiorano – è stato un uomo di straordinario coraggio e un innovatore. La sua memoria ci ricorda che la lotta alla mafia è un dovere costante. Il suo esempio continua a guidarci per una società più libera e giusta, nel segno della legalità e della memoria.

A 42 anni dalla strage di via Pipitone ricordiamo il giudice Rocco Chinnici, trucidato dalla mafia insieme al maresciallo dei Carabinieri Mario Trapassi, all’appuntato Salvatore Bartolotta e a Stefano Li Sacchi, il portiere del palazzo in cui abitava il magistrato.

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