Ue: via libera a von der Leyen II con appena il 51% di voti a favore

FREDERICK FLORIN / AFP - Ursula von der Leyen

Brahim Maarad

AGI – Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla nuova Commissione di Ursula von der Leyen per il mandato 2024-2029. Ma lo ha fatto con una maggioranza molto risicata: 370 a favore, 282 contrari e 36 astenuti. Con una percentuale del 51,4% (anche se non è richiesta la maggioranza assoluta) si tratta del risultato più basso della storia di Strasburgo. Frutto dei bracci di ferro e dei veti incrociati delle ultime settimane in un clima avvelenato dalle partite nazionali, in particolare quella spagnola, e dalle frizioni interne ai gruppi.

Non era prevedibile ma dal clima in Aula – molto spento – in cui von der Leyen ha presentato la sua nuova squadra si poteva intuire. La leader tedesca nel voto di luglio – sulla sua riconferma come presidente dell’esecutivo di Bruxelles – aveva ottenuto 401 sì. Era un voto segreto ma in cui aveva reso palese il proprio sostegno la cosiddetta piattaforma centrista (popolari, socialisti e liberali) con il supporto aggiuntivo dei Verdi permettendo così di fare affidamento su una base di 454 voti. Lo scenario non si è potuto ripetere. Le ragioni dello stravolgimento che nel frattempo si è consumato sono sintetizzabili in due nomi ma certamente sono più ampie e indicano un malumore che i gruppi della maggioranza tradizionale si trascinavano dall’esito delle elezioni di giugno da cui sono uscito quasi tutti indeboliti (salvo il Ppe). I due nomi sono quelli della spagnola Teresa Ribera, la socialista indicata come vicepresidente esecutivo per la transizione ecologica e la concorrenza e dell’italiano Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo per la Coesione e le riforme. Von der Leyen li ha difesi entrambi nella sua presentazione in plenaria. “È ben preparata per garantirci una politica di concorrenza moderna a sostegno delle nostre ambizioni. È una vera e devota europea”, ha detto di Ribera. Di Fitto invece si è intestata l’operazione: “È una scelta che ho fatto io. Anche perché so quanto sia vitale dare alle regioni l’importanza politica che meritano”.

 

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