Le parole pronunciate dal presidente M5s sulla fine del campo largo non sono piaciute ai vertici Pd, ora “determinatissimi” a vincere in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria
di Paolo Molinari
AGI – Il giorno dopo la certificazione della fine del campo largo da parte di Giuseppe Conte, monta il malumore tra i dem per quello che viene considerato un attacco al Partito Democratico e alla segretaria Elly Schlein. Fonti del Nazareno ribadiscono la linea già esplicitata dalla leader dem: “Non un minuto perso in polemiche dentro l’opposizione, l’avversaria è Meloni”. Ma aggiungono anche che “l’obiettivo è vincere nelle tre regioni, Liguria, Emilia-Romagna e Umbria. E a battere Giorgia Meloni. Su questo siamo determinatissimi”.
Non che il tema Conte sia in cima ai pensieri della segretaria. Oggi Schlein ha convocato una segreteria d’urgenza per stabilire la linea da tenere sul Medio Oriente: “Dobbiamo fare e chiedere ogni sforzo al governo e alla Ue per fermare questa escalation devastante”, ha spiegato la leader dem. Tuttavia, a muoversi su quello che sta accadendo nel perimetro delle opposizioni, sono le prime linee Pd, a cominciare dal presidente dem, Stefano Bonaccini. “Sono inaccettabili i veti e le pregiudiziali personali” posti da Conte, spiega Bonaccini. Veti che la europarlamentare Pd, Pina Picierno, non stenta a definire “veri e propri ricatti”.
I dem sono colpiti soprattutto dal fatto che Conte abbia messo in discussione degli assetti decisi a partire dai livelli locali dei partiti. E’ questo che fa dire a Debora Serracchiani che “bisognerebbe avere maggior rispetto del lavoro dei territori. In Emilia Romagna”, aggiunge la responsabile Giustizia del partito: “Noi rispettiamo le scelte delle nostre federazioni territoriali, chissà che il Presidente Conte non capisca che decidere da Roma le cose non sempre porta bene”, aggiunge Serracchiani. Parole che suonano come un avvertimento: il Pd non avallerà nessun ‘veto’ nei confronti di chi già siede al tavolo della coalizione in Emilia-Romagna e in Umbria. In Liguria, il ‘niet’ di Conte ha sortito l’effetto di fare uscire i rappresentanti renziani dalle liste a sostegno di Orlando.
Nella regione già governata da Giovanni Toti, però, la situazione era molto diversa da quella dell’Umbria e dell’Emilia-Romagna, come facevano notare ieri, a pochi minuti dal ‘de prufundis’ al campo largo di Conte, anche esponenti di spicco di Alleanza Verdi e Sinistra. Nel primo caso, infatti, Italia Viva governava a Genova con Marco Bucci, oggi candidato del centrodestra nella regione. Portare Renzi dentro il centrosinistra, dunque, sarebbe apparso come qualcosa di molto vicino al trasformismo.
Per questo, Nicola Fratoianni, ha salutato il passo indietro di Italia Viva in Liguria come un passaggio che avrebbe “rafforzato l’alleanza”. In Emilia-Romagna, al contrario, i renziani hanno sostenuto Bonaccini nella passata legislatura e sostengono Michele De Pascale nella corsa alla presidenza della Regione. “In Emilia Romagna Iv è stata al governo con noi negli ultimi cinque anni. Qualcuno ha visto un problema politico? No. I Cinque Stelle, viceversa, erano all’opposizione, per scelta loro”, sottolinea Bonaccini. E così Michele De Pascale, candidato del centrosinistra allargato: “Per una larga coalizione di governo serve fiducia reciproca e un progetto condiviso ed è evidente che questo oggi purtroppo a livello nazionale non c’è. In Emilia-Romagna invece, non solo esiste, ma si è anche allargato a oltre 60 liste civiche sulla base di un progetto concreto e ambizioso”. Per questa ragione, nei conciliaboli dem in Transatlantico, c’è chi rigira la questione sollevata da Conte: se il leader del M5s non vuole affiancare il M5s ai renziani, dovrebbe porsi la questione delle Giunte e dei consigli regionali in cui i suoi siedono assieme a esponenti di Italia Viva. Nonostante i malumori, i vertici Pd sono determinati a mettere in campo tutto il possibile per vincere nelle tre regioni, anche se un 2 a 1 per il centrosinistra vorrebbe già dire aver ribaltato la situazione, che vede il centrodestra governare in Umbria e in Liguria (prima dell’inchiesta che ha portato agli arresti e poi al patteggiamento di Giovanni Toti). Lo ‘schema’ che il Pd potrebbe mettere in campo è quello visto di recente. E’ ancora fresca, fra i dem, la memoria della campagna di Schlein alle ultime europee e amministrative che ha portato il partito al 24%. Una campagna dal ritmo serrato, con appuntamenti elettorali nelle grandi città e, soprattutto, nelle aree interne, quelle che presentano le percentuali di astensionismo maggiori. |
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